Quando la diversità fa la differenza, Chiara racconta la sua esperienza al Nido d’ Amore. Quando una mia amica mi ha parlato del Nido d’Amore la presi un po’ in

Quando la diversità fa la differenza, Chiara racconta la sua esperienza al Nido d’ Amore.

Quando una mia amica mi ha parlato del Nido d’Amore la presi un po’ in giro, andava a festeggiare con il suo compagno un anno di fidanzamento, mi fece vedere le foto di questo Hotel e non potevo credere ai miei occhi, gli dissi: “Quanto è romantico! Mi sembra una cosa da ragazzini!” Ero contenta per lei ma forse anche un po’ invidiosa. Non volevo ammetterlo!
Aveva organizzato per Alessandro una di quelle sorprese che non lascia dubbi, un giro in barca privato nel lago di Massaciuccoli al tramonto con tanto di aperitivo nel famoso gazebo, quello che porta su quella scritta: “Chi vuol esser lieto sia del doman non v’è certezza.” Quello che nelle giornate limpide e senza vento quando il lago fa da specchio al cielo sembra sospeso in aria, li ho immaginati ridere complici ed emozionati, anche loro sospesi per aria, mi stavo commuovendo, ho allontanato alla svelta quell’ immagine, dovevo salvarmi dal romanticismo, dovevo farmi salvare dal mio cinismo. Puntuale arrivò.
Lei mi rispose: “Non sai quanto sono felice, chiederò ad Ale di andare a convivere!”.

Avevo rinunciato a l’ Amore, lo avevo rinchiuso in un cassettino fuori dal mio cuore, l’avevo sigillato! Così bene che anche quando me ne parlavo gli altri mi sembrava un’utopia, lo ridicolizzavo, lo sminuivo, a l’ inizio sforzandomi, indossando una maschera, poi mi venne spontaneo.
Oramai era talmente lontano dalle mie giornate, talmente distante dai miei ricordi che mi ero dimenticata ogni sensazione racchiusa in quella grande parola misteriosa.
Un po’ come quando da bambini ci vogliono insegnare a pedalare senza ruote, all’inizio si fa amicizia con la bici, si cade, ci si fa male, ma poi ci riusciamo, durante il corso della nostra vita si sente spesso citare quel detto famoso: “non ci si dimentica mai di come si va in bici” ed è vero, ma non sempre, se si smette di pedalare per molto tempo e si rimonta in bici in età adulta, anche i movimenti più naturali e semplici ci legano ad i giorni passati senza pedalare.
L’Amore è così, quando è distante, persino dai nostri ricordi, non ci si crede nemmeno più, si fa fatica a ricordarne la sostanza, la sconvolgente magia, la sua immensa potenza, ci si dimentica della sensazione di un bacio che innesca una reazione elettrica che accende un altro corpo, ci si dimentica di quanto ci si senta al sicuro quando si trova un’anima identica alla propria, di come sia tutto più facile quando si ha un complice accanto.
E così l’amore diventa un misterioso personaggio epico, di cui tutti parlano, ma che nessuno vede, in questo caso ero io a non vederlo più.
Come un aereo che volava sopra i miei giorni l’amore era passato ed aveva cancellato anche la sua scia.

Io ero diversa.
Ho dovuto sopportare la mia vita con questa etichetta attaccata addosso.

Per me l’Amore era stato una serie di personaggi sbagliati che avevano compromesso la mia vita, che mi avevano resa vulnerabile, mi avevano delusa e abbandonata, storie sbagliate che non meritano nemmeno di essere raccontate, che sono esistite solo per tappare mancanze e per soddisfare bisogni, quelli che tutti abbiamo, ma che per certe persone si confondono con le paure e con sentimenti non del tutto appropriati.
A volte si ha talmente poco che quando si incontra qualcuno che ci scalda il cuore anche solo con delle illusioni si tende a dargli un posto nella nostra vita troppo privilegiato rispetto a quello che dovrebbe avere.

Sono gay, sono una donna di 28 anni che ama le donne.
Sono sempre stata incompresa, derisa, offesa, abbandonata, anche da chi, prima di sapere i miei orientamenti sessuali diceva di amarmi, la mia famiglia quando glielo comunicai a 14 anni, fu molto chiara, mi disse di tenermelo per me, come una vergogna, come un difetto da nascondere a chi non vuol vedere, erano dottori i miei, andavano mantenute le apparenze di una famiglia perfetta che però come un colino perdeva aridità e stupidità da tutti i buchi.
Mi dissero di tenerlo per me e poi fecero finta di nulla, come se non riconoscerlo e non ammetterlo lo rendesse meno vero.
Ero una vergogna per tutti, nel mio cuore non lo trovavo giusto, sapevo che dovevo essere fiera di me stessa, ma i loro pregiudizi schiacciavano le mie convinzioni, ero diversa, ma io mi sentivo speciale, mi sentivo forte nonostante il mondo mi teneva fuori. Mi sentivo forte perché la mia luce non smetteva di brillare.
Della parola diversa ne ho fatto una virtù, di fronte alle persone che mi deridevano cercavo di spiegare che la diversità si crea dal momento che gli si dà un peso e una parola, a i miei genitori che mi nascondevano dagli altri, mi mostravo come la persona che era sempre lì per loro, che studiava e portava a termine i loro sogni, che era d’appoggio a tutti, mostravo la mia anima, uguale alla loro, anzi più matura, consapevole e forte, loro cercavano di schiacciarmi io ingollavo rabbia e splendevo sempre di più.
Fino a che i mille schiaffi del mondo incapace di concepire chi non è il frutto di uno stereotipo della società mi modellarono a suo piacimento, dieci anni di battaglie che vedeva sempre loro come i vincitori, ed io che non arrivavo mai, non era mai il mio momento, non era mai il mio posto, lo vedevo lì fuori che brillava e mi offriva pace, ma non ci arrivavo mai, mancavano sempre pochi passi, ed io non ci arrivavo. Ero destinata a combattere senza mai vincere.
Diventai arida anche io. Avevo chiuso la mia porta, avevo creato un muro di mille gocce in tempesta che teneva fuori chiunque, ero sola, talmente sola che preferivo passare le mie giornate con il mio cane ed un libro piuttosto che con chiunque fosse nella mia vita, mi sentivo così sola perché non conoscevo nessuno che mi assomigliasse, ero talmente sola che non mi chiamavo più Chiara Malfatti ma Solitudine Solitudine.

Un giorno ero seduta sulla riva del mare, era inverno, e Zeno rincorreva la pallina che gli tiravo.
La giornata non era un granché, il sole era nascosto tra le nuvole, ma a me piaceva di più, aveva quel tipico colore di quando qualcosa sta per succedere, per cambiare, mi faceva impazzire, il suo soffio agitava il mare, lo rendeva vivo, lo motivava, soffiava il vento e io mi sentivo a casa.
I gabbiani mi volavano a pochi palmi di distanza, erano eccitati dai pescherecci che stavano rientrando a terra piena di pesci e suonavano una melodia che profumava di felicità e aspettative.
Finalmente a casa! Pensavo quando ero seduta qua, lontana da tutto, il mio posto preferito, ad ogni onda il mare si svuotava un po’ e riempiva un po’ me.

Riempire.
Ecco che effetto mi faceva il mare.
Ad un certo punto mi giro per chiamare Zeno, ma lui non c’era più, agitata comincio a chiamarlo e a correre per tutta la spiaggia!
Ma dove si era cacciato quel birbante?
Lo scorgo in lontananza insieme ad un Jack Russel, odiavo quella razza di cani, erano gli unici che agitavano il mio Zeno, comincio a chiamarlo con voce dispotica e lui abbassa le orecchie ed indeciso abbandona il gioco e ritorna alla base.
Il Jack Russel lo insegue e dietro a lui c’era lei, che rideva, più si avvicinava e più rideva, mi stava infastidendo.
“Scusa, ma il tuo cane è proprio dispettoso, la mia Laika giocava tranquilla e lui ha cominciato a montarla!”

“Impossibile, Zeno è castrato!” Gli risposi stizzita, forse troppo maleducata, non è da me, cerco di aggiustare!
Lei si avvicina ancora di più, potevo vedere adesso i suoi lineamenti, i suoi occhi dolcissimi e perfettamente intonati con il grigio del cielo, una bocca carnosa e piccola formava un cuore sul suo viso tondo e buffo, una chioma di capelli riccioluti fluttuavano insieme al vento, freschi e ribelli. Aveva una camminata sgraziata, goffa e insicura.
“Piacere Chiara, scusa per il mio cane, a volte è un testone!” le parole mi uscirono in mezzo ad un sorriso che non riuscivo a contenere.
Certe emozioni non lasciano scampo, vengono fuori e basta, come un’alba che si affaccia al mondo, non puoi rimandarla o controllarla. La guardavo e non riuscivo a smettere di sorriderle, mi resi conto in quell’istante che ero già pazza di lei, come era possibile, non la conoscevo nemmeno, pensai. Sentivo il freddo che lasciava le mie ossa e che infiammava le mie vene.
Dicono che esiste una certa chimica tra le persone, che arriva prima della ragione, delle impressioni, prima di tutto, è innata e spontanea.
Non ci avevo mai creduto, pensavo fosse una cavolata come la storia di Babbo Natale e della sua consorte.
Ma era vera di fatti.
“Piacere sono Giada, lei è Laika, possiamo tenervi compagnia?” Una richiesta che trovai sfrontata ma assolutamente adeguata e necessaria.
Giada è la persona più buona che abbia mai incontrato, ci siamo innamorate perché siamo fatte della stessa sostanza, abbiamo attraversato le stesse battaglie solo che lei è fatta di semplicità e leggerezza. Come 100 palloncini che legati ad una pietra la portano in volo, mi ha preso per mano ed insieme siamo andati su quell’isola piena di pace che da tempo ammiravo da lontano, quell’ isola dove non piove più, dove i muri cadono, si distolgono le tensioni, si tirano sospiri di sollievo.

È questo che ha donato alla mia vita, Amore e leggerezza.
Mi ha aiutata ad ingollare quella rabbia, a digerirla, a trasformarla in passione per tutto quello che avevo intorno, è stata la spalla che cercavo, come una spalla però non mi stava sopra e nemmeno sotto, ma accanto, avevamo voglia di comprenderci, capirci ed aiutarci.
Mi ha insegnato che la mia diversità mi aveva portato alla possibilità di brillare più di chiunque altro avesse incontrato e che la mia e la sua diversità avevano creato noi. Qualcosa di unico e prezioso, qualcosa che deve invidiare il così detto “normale”, qualcosa che non si trova nelle famiglie di apparenze, né nelle società nascoste dietro ignoranza e cattiveria, era Amore e rendeva migliore noi ed il mondo.
Quando sei mesi dopo che ci siamo conosciute mi ha postato al “Il nido d’ Amore” sono stata ovviamente felice anche se credo che lo avesse fatto più per ridere della faccia che potevo fare che per altro.
A me infondo bastava stare con lei, anche in un campo arido in piena estate.
Appena siamo entrate nella Hall dell’Hotel Butterfly, siamo state scaldate da mille sorrisi, ero preoccupata del fatto che la nostra diversità potesse creare fastidi, brusii o scandali, invece mi è bastato varcare la porta d’entrata per capire che quelle persone non erano come il resto del mondo là fuori. Il Nido d’ Amore era aperto ad ogni forma di Amore.
Lo staff era gentile, affabile, giovane e sorridente, emanava un’energia vera, i sorrisi non erano falsi o di circostanza. Due ragazze alla reception cominciarono a prendermi in giro, come se ci conoscessero da tempo, perché era Giada che aveva organizzato tutto e aveva creato delle piccole sorprese.
“Mi vuoi dire che non le hai detto che cosa l’aspetta?” commenta la ragazza più giovane ridendo sotto i baffi. “Allora ti presento una persona Chiara.”
Esce un attimo dalla Hall e torna per mano con un ragazzo, vestito in modo estroso, aveva una giacca lunga e nera con un grosso cuore sul lato destro del petto che annunciava il suo nome, Massimo. Si presentò e anche lui guardandomi sorrideva beffardo.
Ci accompagno nella nostra Suite, apri la porta e mi sembrò che avesse aperto il paradiso.
La stanza aveva i colori dell’argento, era illuminata da candele profumate, sulle pareti fluivano parole importanti che parlavano di Amore.
Sul tavolo si scorgeva una bottiglia di spumante e della frutta fresca colorata, che Massimo ci indicò come aperitivo di benvenuto.
Ci guardammo complici e felici, eravamo sicure che avremmo passato un Weekend meraviglioso e importante.
Ma il bello doveva arrivare.
Un attimo di silenzio, Massimo mi stava guardando con un dolce sorriso e chiedendomi se ero pronta, mi prende per mano e mi fa sedere sul bordo del letto.
Qualche secondo dopo sul proiettore video della stanza apparì una frase: “…per pesare il cuore con entrambe le mani ci vuole coraggio…” Poi una pausa e una foto di io e Giada al mare con i cani e una scritta che spunta sopra le nostre teste: “e tanto, tanto, troppo Amore”.

Non potevo credere ai miei occhi, stava scorrendo il video della nostra nuova e meravigliosa vita, del nostro Amore, foto dopo foto le mie lacrime aumentavano di sostanza e velocità.
Tiziano Ferro cantava la sua splendida “Il conforto” e riuscì a rendere magico ancora di più ogni attimo prezioso di quel video, che mi ricordava cosa voleva dire essere felici, in ogni foto c’era un sorriso, una carezza, c’era la passione che mettevamo ogni giorno nel darci Amore, fiducia e speranza, c’erano le nostre prime giornate insieme, i nostri primi viaggi, c’erano gli amici altrui che ci avevano accolti nelle loro vite, c’erano le nostre famiglie, che di fronte al nostro amore avevano fatto un passo indietro, c’era mio padre che non poteva fare a meno di amarla.
C’erano le nostre vite, come in un film a lieto fine, che insegna a non abbandonare mai la speranza, che insegna che ne vale sempre la pena rischiare per i sentimenti, che insegna che ci vuole coraggio per prendere il cuore di un’altra persona e tenerlo con responsabilità, stretto con due mani per proteggerlo, che insegna che l’ amore è qualcosa di troppo puro e potente perché gli si possa affibbiare un etichetta, una forma o un colore, è troppo ribelle e testardo per poterlo incanalare in un abitudine o in un modo di pensare.
Ci siamo girate verso Massimo in un mare di lacrime e abbiamo visto piangere anche lui, felice e coinvolto dai nostri sentimenti, ci ha abbracciate facendoci i suoi più sentiti auguri e spronandoci a non fermarci mai e ad insegnare a chi avevamo intorno come si Ama oltre le apparenze.
Il nostro soggiorno al Nido d’ Amore è stato magico, una poesia da raccontare potrei definirla. Quando si chiude la porta della stanza si lascia fuori tutto, tempo, paure, dubbi, preoccupazioni, ci si tuffa in un mare limpido che rinfresca la vita, ci si perde tra momenti che rimangono per sempre nella mente e nel cuore, ci si sente a casa, ogni richiesta fatta è stata esaudita con sincera gratitudine e disponibilità, ogni persona conosciuta in questo Hotel ci ha regalato qualcosa, lezioni di umiltà, umanità e comprensione. Persone che come noi hanno deciso di eliminare le apparenze nella loro anima per far spazio alla sostanza, che è rara, preziosa e DIVERSA.