Caro Massimo, ti racconto del nostro Nido di Felicità. Piccole scintille si muovevano in mezzo ad acque calme, sotto di noi, mosse solo dalla brezza, creavano scie di luci che

Caro Massimo, ti racconto del nostro Nido di Felicità.https://www.ilnidodamorebutterfly.it/blog/

Piccole scintille si muovevano in mezzo ad acque calme, sotto di noi, mosse solo dalla brezza, creavano scie di luci che illuminano il lago, trasformandolo in un manto dorato, quasi a volerci dimostrare quanto la vita sia preziosa.
Tutto intorno era leggero e disteso, le voci dei passanti, le macchine in movimento e i rumori della vita che scorre erano lontani, ovattati e confusi, galleggiavano nell’orizzonte e facevano spazio solo ai silenzi e allo scorrere della natura. Anche l’aria era diversa, era fresca e mi ricordava cosa significa essere al mondo, una sensazione di libertà mi attraversava, come quando d’estate ti lavi il viso con l’acqua fresca e ti sembra di rinascere, di essere tornata nuova.

Anche io ero tornata nuova, piena di vita, su questa barca stavo attraversando la mia felicità come un surfista fa sulla sua onda.
Mi era stata regalata una seconda possibilità, un nuovo foglio dove poter dipingere da capo la mia storia. Non riuscivo a contenere la felicità, tutto il mio corpo tremava come una foglia, ma non avevo freddo, no, quella era vita, era Amore.
Accanto a me Luca non parlava, mi guardava solo negli occhi, anche lui traghettato sulla mia barca di felicità. Mi fermai un istante, non volevo perdermi niente di quel momento, avevo aperto le porte del mio cuore e senza misura mi mangiavo ogni emozione che la vita aveva deciso di farmi vivere. Notai i suoi occhi, sorprendendomi, come se fosse la prima volta che li guardavo, non li avevo mai visti così pieni di gioia, lì dentro vidi la mia casa, la mia identità, e per un attimo smisi di tremare e persi il respiro. L’ aria tra noi divenne emozione, densa ci strinse nel nostro destino, e successe che all’improvviso non contava più niente. Quello che era capitato mesi fa era piccolo e insignificante come siamo noi uomini di fronte alle stelle. I nostri occhi si ingoiarono a vicenda, ci stavamo riprendendo quello che era nostro.

Io e Luca non ci siamo subito amati, abbiamo dovuto imparare a farlo, abbiamo dovuto soffrire e perderci per scoprire che la nostra vita senza l’altro sarebbe stata come uno straniero senza passaporto.
Ci eravamo conosciuti per caso, nel bar dove lavoravo. Un giorno ero appoggiata ad una macchina e stavo fumando la sigaretta post pranzo, era agosto e faceva caldo, l’asfalto sotto di me cuoceva i miei sensi, ricordo ancora la sensazione bollente di quella sigaretta in bocca. Quando mi sentii osservata, studiata, i suoi occhi mi si incollarono addosso caparbi e curiosi; quel giorno mi sembrò solo l’ennesimo fastidio della giornata. Gettai la sigaretta e rientrai in turno, l’aria a lavoro era pesante, il mio capo un uomo tondo, sudaticcio e viscido aveva avuto il suo ennesimo crollo emotivo, vomitando addosso a me e alla mia collega tutta la sua frustrazione e incapacità di gestire un bar di paese oramai sulla via del collasso.
Ed io insieme a lui stavo vivendo nell’insoddisfazione, la mia vita mi sembrava una nuotata in mare aperto, trascorrevo le mie giornate cercando di non affogare, di tenere la testa fuori per respirare, vivevo sulla linea della superfice, ogni onda che arrivava poteva essere quella decisiva, poteva farmi arrendere, ero stanca.
Luca però non mollava, un giorno ero indecisa se denunciarlo per stalking o concedergli un caffè e due chiacchiere, mi convinsi dopo l’ennesimo bigliettino lasciato sulla mia macchina, diceva: “Mi basta anche un saluto.” Pensai che di solito la storia di un serial killer inizia proprio così, ma che comunque era carino e determinato, perché non dargli un’opportunità?

La nostra storia non ebbe un inizio graduale, ci buttammo subito da un precipizio mano nella mano chiudendo gli occhi, perché ne avevamo bisogno. Il nostro Amore fu irruento, sfrenato, esagerato, ci serviva illudere la solitudine, e sperare di non essere più soli e incompresi.
Ma ben presto i nostri dolori irrisolti e i nostri mostri mangiarono l’Amore, non eravamo riusciti a salvarlo, vinse il dolore.
Ci lasciammo dopo un anno, dopo esserci sputati a vicenda frustrazione, incomprensioni, attenzioni mancate, passi indietro non fatti, compromessi non accettati per orgoglio.
C’eravamo davvero Amati, ma dovevamo risolvere ancora troppe cose dentro di noi, lo sapevamo entrambi, avevamo bisogno di ruoli diversi accanto. Avevamo un grande amore tra le mani, ma eravamo incapaci di farlo crescere. Ci mancava il pollice rosso.
Così dopo nemmeno un anno ci lasciammo andare, senza carnefice e vittima, forse il finale peggiore per una storia d’ Amore, lasciarsi amandosi, sapendo che non è possibile stare vicini, se non facendosi male.
I mesi scorrevano, scanditi dalle mie consapevolezze, in quel periodo mi ero presa cura di me, adesso avevo trovato l’altra parte della mela, me.
Ero in pace, serena, avevo imparato ad apprezzare le piccole cose che poi sono quelle più vere, quelle che non te le toglie nessuno.
Avevo imparato ad amare l’odore del cuscino che mi trovavo a stringere la mattina, il silenzio della sera quando tornavo a casa, il primo fiore della primavera che stava arrivando, la puntata nuova della mia serie preferita, una parola di dolcezza velata dietro l’orgoglio di mia madre, il sorriso di un bambino che gioca sul mare con suo nonno, avevo imparato ad amare la pace che mi regalava il terrazzino di casa mia di notte, avevo imparato a vedere e ad Amare la vita per la prima volta in ogni sua manifestazione, in ogni sua bellezza. Anche dopo i primi mesi che Luca se ne era andato, credevo che non avrei potuto sopravvivere, invece avevo imparato a vivere.

Era il 6 aprile, come posso dimenticarlo, stavo rientrando a casa dopo una giornata da “Wonder Woman”: sveglia alle ore 7:00, pranzo preparato, ore 8:30 palestra, ore 10:00 entrata a lavoro, attraversato un mondo di sguardi, di approvazioni, incomprensioni, saluti, domande interessanti, altre strane.
Finalmente a casa.
Scorsi una figura appoggiata al portone del mio palazzo, feci una corsa per raggiungerlo, avevo due sacchi della spesa in mano, non avevo voglia di appoggiarli per cercare le chiavi!
Ad un certo punto l’uomo del portone si girò, era Luca.
La spesa cadde dalle mani che avevano bisogno di sostenere il mio cuore.
Non credevo che l’avrei mai rivisto, non dopo un anno, non così, non ora.
Ci fu un lunghissimo silenzio, in realtà forse un minuto, ma mi sembrò un’eternità, avevo voglia di piangere? Di ridere? Di abbracciarlo o di scappare? Lui aveva un viso sereno che non riuscii a comprendere.
Il nostro silenzio era pieno, una valigia che non si chiude sepolta nel nostro stomaco, giorni passati senza l’altro, parole non dette, sogni tormentati e condivisi, pensieri cambiati nei giorni, certezze e dubbi, troppo insomma, così tanto da non sapere forse cosa pescare su per primo.
Lui mi si avvicinò calmo e prese la spesa che era caduta, io non riuscivo a muovere i piedi erano ancorati al pavimento, mi stupii che il mio tremore non provocasse un terremoto.
“Ciao” fu l’unica cosa che ebbi il coraggio di dire, quel ciao fu più faticoso di una scalata in montagna.
“Ciao, scusa se…” si bloccò un attimo, forse per prendere fiato. “Ti va di venire a cena con me?”
“Sono solo le 17:00”
“Sì, lo so, prima ti va di fare due chiacchiere? Posso aspettarti qui fino a che non sei pronta.”
“Sì” risposi senza accorgermene, senza pensare, fu il mio cuore a parlare per me.

La sera a cena, parlammo sino alle 5:00 del mattino, parlammo di noi, non di quello che era stato, ma dei nuovi noi, quelli più maturi e consapevoli, quelli che avevano portato in salvo da soli le loro vite, che erano felici, in pace con i demoni, con il mondo, ma a cui mancava quel tassello finale che conclude un puzzle meraviglioso, mancavamo noi, l’uno a l’altro, in modo sincero ed essenziale, senza pretese, senza aspettative, ci chiedevamo solo Amore, nient’altro.
Dopo quella maratona di parole ed emozioni ci eravamo fatti la promessa di non correre, di aspettare, di prenderci del tempo per capire, prendemmo un caffè dopo un mese e ci trovammo gli stessi di quel 6 aprile, non potemmo fare altro che abbracciarci, ricordo quell’abbraccio come quello più bello del mondo, sentivo il suo calore e potevo fare la mia sintesi clorofilliana.
Non avevamo più dubbi, finalmente c’eravamo trovati, scoperti, potevamo amarci.

Quel settembre decidemmo di concederci un piccolo lusso per festeggiare l’estate più bella della nostra vita, prenotammo un’avventura al Nido d’ Amore, c’era piaciuta l’idea di vivere due giorni solo con noi, senza altro intorno.
Eravamo partiti da un delizioso parco proprio vicino all’hotel dove ci avevano organizzato un giro privato in barca che ci mostrava le meraviglie e gli scorci più suggestivi del Lago di Massaciuccoli, un’esperienza emozionante, che si concluse con un romantico aperitivo proprio sul gazebo-palafitta in mezzo al Lago.
Arrivati al pontile, ci accolse Massimo, il nostro Anchor Love, una figura professionale che non conoscevo, ma di cui mi innamorai, lui era l’addetto alle emozioni, che fantastico mestiere pensai. Non conoscevo ancora niente in realtà!
Mi aiutò a scendere dalla barca per entrare nel gazebo, ma mi disse che ancora non era possibile, che sarebbe dovuto andare prima Luca. Aspettai qualche istante con lui, che mi fece i complimenti, ci trovava una bella coppia, mi ricordo che ci disse che i nostri occhi parlavano da soli, che emanavano gioia e Amore, poi scherzò su quanto mi invidiasse per stare con Luca, non potevo contraddirlo, risi, anche per la felicità.
Da sotto il gazebo vidi spuntare Luca, bello come non lo avevo mai visto, mi batteva forte il cuore, volevo abbracciarlo, dietro di lui un palloncino a forma di cuore sembrava gli uscisse dalla testa, sorrisi e Massimo mi aiutò a scendere.
Il gazebo era adornato con tende bianche che si sollevavano ad ogni soffio di vento, con delle piccole lanterne che scendevano dal soffitto, dei cuscini rossi erano stesi sul pavimento in mezzo a candele profumate, tutto parlava d’ Amore.
Arrivai davanti a Luca e gli presi la mano avevo bisogno di sentirlo, avevo bisogno che i nostri corpi insieme e uniti vivessero quel momento, ma lui, appoggiò due dita sulle mie palpebre, il suo tocco leggero accese il mio viso, mi chiese se potevo chiudere gli occhi che c’era una piccola sorpresa. E così feci.
Quando mi chiese di riaprirli non potevo credere ai miei occhi, una torta rosa mi chiedeva di sposarlo. Mi girai di scatto e gli chiesi se fosse per me, come se sapessi istintivamente di non poter contenere tutta quella felicità.
Non era possibile.
Come se stessi in punto di morte, mi passò tutta la mia vita davanti, come un film muto, come se da quella torta in poi per me ci sarebbe stata un’altra vita, un’altra storia.
Fino a qualche mese fa c’ero io e c’era lui, adesso c’era un noi.
Adesso c’erano una domanda e una risposta che ci avrebbero legato per sempre, perché io non avevo nessun dubbio, non volevo altro.
Tutto intorno divenne irreale, se non fosse stato per il continuo tremolio delle mie gambe non avrei capito se fosse realtà o un sogno.
Gli piombai addosso e gli dissi sì, non una volta, ma tre e poi dieci.
Massimo arrivò da dietro con una scatolina, il mio anello, lo diede nelle mani di Luca e come un angelo se ne volò via, anche se dal mio cuore non se ne andò mai. Come la meravigliosa immagine irreale, di quel posto sognato, sperato, vissuto che fu il lago con il suo Nido d’ Amore che per noi diventò il punto d’arrivo e di partenza, la nostra isola felice.

Festeggiammo lì la nostra notte di nozze, il nostro primo anniversario, la scoperta della nascita di Adele, diventò il nostro nido di felicità, per ogni volta che volevamo sentire davvero la vita. Per ogni volta che volevamo essere soli insieme.
Siamo arrivati fin qui caro Massimo, come ci avevi promesso, a dicembre torneremo a festeggiare il secondo compleanno di Adele. Noi quattro, con il piccolo Pietro, ti preghiamo di tenerci la Suite “Madama Butterfly” che Adele è scalmanata ed ha bisogno di spazio, e noi tutti di Amore.
A presto.
Claudia

il nostro nido di felicità